Tra i beni preziosi di maggior pregio, i diamanti rappresentano il “non plus ultra”, l’eccellenza: non c’è da stupirsi, quindi, se molte persone li posseggono. Capita, però, che un gioiello impreziosito dalla presenza dei diamanti possa essere utilizzato per ottenere della liquidità, magari necessaria per acquistarne uno nuovo o, molto più semplicemente, per disporre di un po’ di soldi per finanziare altri progetti personali o famigliari.
Per ottenere una valutazione veritiera del proprio bene prezioso, quindi, è necessario rivolgersi a https://www.mvsgioielli.it ovvero ai compro diamanti seri ed affidabili, che operano nel settore in modo professionale e a 360°. Prima di vendere un diamante, però, una domanda alberga nell’animo di chi lo possiede: quanto mi verrà valutato il mio bene?
Colore e caratura, fattori imprescindibili nella valutazione di un diamante
Un quesito certamente non retorico, dato che, talvolta, le valutazioni effettuate differiscono l’un l’altra. Esiste, tuttavia, una guida internazionale che consente di carpire quanto possa valere il nostro bene, comprendendo concretamente se la valutazione effettuata sia reale ed attendibile, basandosi su alcuni parametri di cui ogni professionista deve tenere in considerazione.
Il primo aspetto riguarda la caratura, ovvero il peso del diamante: un carato equivale a 0,20 grammi e non è da confondere col Karato. Quest’ultimo, scritto con la lettera “K” anziché “C”, identifica la quantità d’oro presente nella lega metallica. I carati variano da 0,5 (circa 5 mm) fino a 5 (circa 11 mm): tendenzialmente, maggiore è la caratura, più elevato è il valore del bene prezioso.
La caratura, però, non è l’unico aspetto tenuto in considerazione nella valutazione di un diamante. Un ruolo altrettanto fondamentale, infatti, riguarda il colore del diamante. Come noto, quanto è più bianco tanto più prezioso risulta il diamante. I colori D-E-F, quelli più spiccatamente bianchi intensi, sono quelli più pregiati, seguiti da quelli catalogati con le lettere G e H (aspetto bianco vivace ma meno intenso di quelli D, E e F)
Una buona tonalità bianca la dispongono anche i diamanti catalogati I-J, che offrono un buon rapporto qualità/prezzo e vengono spesso utilizzati nell’alta gioielleria. Di un bianco spento, invece, sono quelli racchiusi nelle lettere K e M, che risultano meno preziosi rispetto a quelli delle categorie fin qui citate. Considerati di poco pregio, invece, i diamanti presenti nella scala N-Z, in cui il colore giallo spicca in modo predominante.
Come sono catalogati i diamanti in base alla loro effettiva purezza
Il terzo parametro da tenere in considerazione, non meno importante dei due precedenti, riguarda la purezza del diamante. Non è affatto semplice comprendere quanto sia puro un diamante: le eventuali impurezze, infatti, possono essere colte da un professionista al microscopio o tramite la classica lente di cui dispongono alcuni orafi. Esiste, tuttavia, una scala internazionale che aiuta a comprendere la purezza di un diamante.
Quelli più puri, e di conseguenza più pregiati, sono quelli “IF”: si tratta di diamanti puri, che hanno un costo elevato e vengono utilizzati prevalentemente per i cosiddetti “gioielli da collezione”. Si parla sempre di alta gioielleria anche per i diamanti “VVSI1” e “VVSI2”, che hanno delle impercettibili inclusioni verso i bordi del diamante.
Quelli “VVS1” e “VVS2”, invece, hanno delle inclusioni, seppur di piccole dimensioni, visibili al microscopio: la qualità non è elevata come quelle precedenti, ma resta un’ottima soluzione dal punto di vista del rapporto qualità/prezzo. Esistono, poi, altre categorie che variano dalla “SI1”-”SI2” (piccoli inclusioni visibili al microscopio), sino alla “Piquet” (purezza scarsa, inclusioni visibili anche ad occhio nudo, pregio economico assai modesto e scarso).